Ne difende la soglia: ei colla coda
E colle orecchie a penetrarle invita,
Ma niega indi l’uscirne, e insidïoso
Sbrana chi colga delle porte uscendo
Della cruda Prosérpina e di Dite.
Là soggiorna la Dea, tremenda ai numi,
La fiera Stige, la più nobil figlia
D’Oceán riflüente. Inclita stanza
Scevra dai numi ell’abita, coverta
D’alte pietre, e che tutta intorno intorno
Sovr’argentee colonne al ciel si estolle.
Di Tomante la figlia, Iri veloce,
Di rado messaggera a lei si reca
Pel vasto pian dei flutti. Allorchè sorga
Lite o tenzon fra i numi, o quando alcuno
Olimpio cittadino il falso giuri,
Di mandar Iri allora ha Giove in uso
Per recar da sì lunge in aureo nappo,
Arra del grande giuramento ai Divi,
Quell’onda rinomata, che dall’alto
D’aërio masso gelida trabocca.
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