Quivi a mille ei sbranava umani corpi,
Di Treto e d’Apesanto arbitro crudo;
Ma spense pur costui l’Erculea forza.
Indi Ceto d’amor con Forco unita
L’orrido drago partorì da sezzo,
Che all’estremo confin vegghia le poma
D’oro di sotto a latebre profonde
E di Ceto e di Forco ecco la prole.
Ebbe Océan da Teti i gonfi fiumi,
Nilo, Eridàn dai cupi gorghi, Alfeo,
Strimon, Meandro, Fasi, e Reso, e il chiaro
Istro, e Acheloo dalle bell’onde, e Nesso
Aliammone, Ettàporo, Granico,
Il divin Simöenta, Esepo, Rodio,
Caïco di bel corso, Ermo, Penéo,
Il gran Sangario, Even, Partenio, Ardesco,
Ladone e il dio Scamandro. E il sacro stuolo
Delle Dee generò, che sulla terra
Con Febo e i fiumi dei mortali han cura
Giove a questo sortille. E sono Admeta,
Pito, Doride, Jante, Elettra, e Prinno,
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