Cui sono pie le figlie alme di Giove,
E san nato di re dei numi alunno,
Stillano sulla lingua alma rugiada,
Onde dolci dal labbro escono i detti.
In lui ciascuno il guardo affigge, quando
Giudice imparzïal risolve i piati.
Autorevole ei parla, e di repente
Ardenti gare saggiamente aqueta
Chè il senno è dato ai re, perch’ei nel foro
Con facil, blando favellare i torti
Riparin degli offesi. Essi quai numi
Inchina il popol verecondo, quando
Per la cittade incedono, e sublimi
Spiccano intra la folla. Or questo è il sacro
Dono largito dalle Muse all’uomo
Chè dalle Muse e dall’arciero Apollo
Cantori e Citaredi ebbe la terra,
Come da Giove i regi. — Oh fortunato
Cui son le Muse amiche! Il canto sgorga
Soave dal suo labbro. Ove rammarco
Per acerba sventura il cor ne opprima,
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