All’Egioco Signore, e alla sovrana
Giuno d’Argo che calza aurei coturni,
Dell’Egioco alla figlia occhi-cilestra
Pallade, e a Febo, ed alla faretrata
Dïana, ed a Nettun che accerchia e scuote
I lidi della terra, e alla pudica
Temi, ed a Venere occhi-vaga, e ad Ebe
Insigne d’aurei serti, e alla vezzosa
Dïona, ed all’Aurora, e al magno Sole,
E alla lucente Luna, ed a Latona,
Ed a Giapeto, e allo scaltrito Crono,
Ed alla Terra, e all’Oceàno immenso,
Ed alla nera Notte, ed a quant’altre
Sacre sonvi di Dei schiatte immortali.
E fûr desse che allora il dolce canto
A Esïodo insegnâr, mentr’ei la greggia
Pasceva al piè del florido Elicona.
E così pria mi favellâr le dive
Olimpie Muse dell’Egioco figlie
«Pastor selvaggi, tutti obbrobrio e ventre,1
Molte simili al ver mentite cose
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