E il popolo in cravatta rossa: — A quando,
profeta, il paradiso che hai promesso
alla nostra miseria?... — E a me dappresso 12corre per gioco, urlando, fischiettando.
Io guardo, fisso innanzi a me, fantasmi
che sola io vedo. — E affronto il mio supplizio.
L’amor che mi guidò, fatto cilizio, 16mi si tramuta in voluttà di spasmi.
Camminare su filo di coltello,
bersaglio a crudeltà di bocche triste,
anche se il fragil corpo non resiste 20bello è, se il sogno che tu insegui è bello.
Ma troppo ormai la sozza umana rete
sul mio respiro le sue maglie serra.
— Fuori il tuo cielo, figlia della terra, 24se lo possiedi!... — Io sono stanca. Ho sete.