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cendosi beffe di Giuliano, si radunarono tutti nella curia per comandamento de’ consoli, cui affidata è la salute pubblica, ogni qual volta è in pendente l’imperio. Questi senatori dunque riunitisi in gran numero, deliberarono sopra quello che fare si dovesse, mentre Giuliano, essendo ancora a palazzo, si querelava compassionevolmente della sua disgrazia, e con preghiere chiedeva che gli fosse permesso lasciare l’impero, ed a Severo ogni autorità sua rinunciare.

Ma il senato, inteso lo sbigottimento di lui, e che le guardie interrorite lo avevano lasciato in abbandono, decretò che fosse morto, e dichiarò Severo imperadore. Partono tosto ambasciadori insigniti di magistrature o di autorità grande in senato per recargli tutti gli onori, co’ quali è costume di onorare gli augusti. Commesso è poi ad un de’ tribuni di disfarsi di Giuliano. Costui il misero e avvilito vecchio, il quale s’era con gran somma l’infelice fine comperato, già da tutti abbandonato, e vituperosamente piagnente, ammazzò.

La quale occisione poiché Severo ebbe intesa, ponendo tosto l’animo a cose maggiori, stabilì d’impadronirsi di tutti quei soldati che avevano assassinato Pertinace. Onde, mandate occultamente delle lettere a’ colonnelli e capitani, con lunghe promesse gli esorta a persuadere