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to all’Europa, a gara correvano ad offrirsegli, presii ad ogni sua richiesta. E da ogni parte ambasciadori in Antiochia vernano, come a legittimo principe. I re ancora ed i satrapi che sono al di là dell’Eufrate e dal Tigri, mandarono a rallegrarsi con lui, ed esibirgli l’opera loro a tutte prove. Ed egli accogliendoli benignamente, con molti doni e ringraziamenti, a casa li rimandava, affermando non occorrer per ora di ajuti, non avendo brighe all’imperio, ed egli volerlo reggere senza sangue. Elevato a tanta fiducia, con meno diligenza e più freddamente disirapegnava gli affari, ed infemminiva se ed il popolo d’Antiochia ne’ passatempi e spettacoli, senza darsi punto fretta di venirsene (com’era duopo) entro Roma, e sopra tutto concigliarsi gli eserciti d’Illiria, sperando ch’avuta appena la nuova si porrebbero d’accordo co’ romani e coll’esercito d’oriente.
Intanto ch’egli a sì debile speranza si appoggia, già la fama volava per l’Ungheria, per l’Illiria, e per tutti quegli eserciti che guardavano a difesa dell’imperio le ripe del Danubio e del Reno contro il furore de’ barbari. Governava tutta l’Ungheria (che da un solo governatore era retta) un tal Severo, africano di origine, uomo tutto fuoco nell’intraprendere, avvezzo a vita dura ed asprissima, destro e fiero di ma-