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istoria libro ii. | 73 |
non riescivano nè a ritrovare nè a punire. Il senato spezialmente non potea darsi pace, dicendo esser questa una pubblica calamità: e gli stando fitta nella mente la cara buona immagine paterna del mitissimo principe, si accuorava e temeva una nuova tirannide, minacciata dal guasto giudizio de’ soldati. Ma, scorsi parecchj giorni, e standosi la plebe ammutolita di paura, ed i più principali ed autorevoli essendosi, quanto più poteano, dalla città discostati e nelle loro possessioni ridotti, per non avere a pericolare nella nuova elezione, senza sbrancarne i soldati per quella quiete popolare e vista di non si levar nessuno a vendicare l’ucciso principe, e tenendosi racchiusi negli alloggiamenti, fan salire su’ muri quanti aveano più alta e intelligibile voce, e posto l’imperio all’incanto, prometton di darlo a chi più offerisse denari e di condurlo in salvo a palazzo.
Non si mosse a tale effetto nessun grave e autorevole senatore, nessuno de’ nobili, nessuno di quei pochi ricchi ch’erano sopravvanzati alla tirannide di Comodo, nessuno finalmente ebbe ardimento di accostarsi alle mura, e si vergognosamente pattuire co’ denari l’imperio. Un certo Giuliano però, uomo consolare e tenuto straricco, trovandosi sulla sera cenando, ebbe fra il vino ed i cibi, de’ quali era ingordissi-