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istoria libro ii. | 69 |
pine e violenze a vita più sobria ed umana.
Essendo dunque convenuti di non più sopportare un tale imperadore, Pertinace dovette prima cozzare coll’orgoglio e colla disubbidienza, e poi, non ancor compiti due mesi d’imperio illustrati con espressi segni di bontà e moventi alle migliori speranze, ebbe duopo rovesciare per colpa dell’invidiosa fortuna, che ponendo tutto sossopra, spense quasi in sul più bel del cammino le lodevolissime idee sue di ben pubblico. Imperocché egli aggiudicò a coloro, che primi gli occupassero e coltivassero, quei terreni che in Italia e altrove, fin da’ re, giacevano incolti, e concedette a’ coltivatori esenzione di dieci anni, e libertà perpetua. Difese che scritto fosse il suo nome alle possessioni imperiali, dicendo non essere dell’imperadore, ma pubbliche e a ogni romano comuni. Tolse via eziandìo tutti i dazj, che per ammassare denari, stati erano da’ tiranni imposti sulle ripe de’ fiumi, su’ ponti delle città, sulle strade e cammini. Molte cose ridusse all’antica libertà, e molte eziandìo si parea che ci avrebbe ridotto dapoi. Fece eziandìo sgombrare la città dalle spie, comandando che punite fossero ovunque si ritrovassero, dandosi soprattutto pensiere che nessuno per vane accuse pericolasse.