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istoria libro ii. | 67 |
e di moderazione, ma te lo appongono ad avarizia e sordidezza. Nè pongon mente che vuotandosi l’erario per vanità, duopo è riempierlo per ingiustizie, e che quei che largisce a’ meritevoli, si astiene non solo dall’offendere, ma eziandìo ne ammaestra ad aver cura del nostro, e ad usarne con parsimonia. Le quali cose, o padri coscritti, entro voi stessi ponderando, riunite insieme alle mie le vostre cure, ed accomuniamoci il reggimento di questo nostro imperio, riguardando che andiamo a cambiar la tirannide in un governo di ottimati, che ripromette a voi le più liete speranze, e vi pone in obbligo di riprometterle altrui. Avendo così detto Pertinace, si animarono maggiormente i senatori, e con nuovi plausi ed evviva applaudirono il discorso. E, fattogli onorevole schiera, vennero seco a inchinarsi a Giove e agli altri Dii, ed avendo compito i consueti sagrilìzj, lo ridussero al Palatino.
Poiché la fama ebbe divulgato le parole da lui espresse in senato, e quelle scritte al popolo, si pascea ciascuno di allegra speranza di dover avere un principe che alla severità congiugnerebbe la prudenza, e più padre che imperadore si reputerebbe. Imperocché con suo editto impose a’ soldati di non fare soperchierie al popolo, come pure di non porre le mani addosso