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ad alcuni di raffigurarvi un non so che di divino. Non si saziavano i romani di riguardare un sì bello imperadore, e lo accoglieano augurandogli le più grandi felicità, e spargendo da per tutto e fiori e corone. Entralo che fu nella città, e visitati ch’ebbe i tempj di Giove e degli altri Iddii, ringraziò il senato ed i pretoriani della loro fedeltà, ed andette ad abitare il palazzo del palatino. Mostrassi quindi per breve spazio di anni lutto intento ad onorare gli amici del padre, attenendosi in ogni affare a’ loro consigli. Dipoi, addossatosi il peso dell’amministrazione dell’imperio, diè il comando della guardia a Perennio, italiano di nazione, e peritissimo della militar disciplina, il quale, abusando della età del giovanetto, non si dava pensiere di ritoglierlo dalle crapule e da altri si fatti piaceri, vedendovi il vantaggio di governare solo l’imperio, e d’essere in istato di pascere la dismisurata e non mai sazia ingordigia sua di aggiugner sempre nuove prede alle antiche. Costui dunque prese ad infiammare col timore l’animo di lui, calunniando gli amici di suo padre, e insospettandolo contro i più nobili e doviziosi, per conseguire dalle uccisioni loro i loro beni e le loro ricchezze. La memoria del padre però, e la riverenza che ancora conservava agli amici di lui, contennero per qualche tempo il giovi-