Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
268 | erodiano |
fosse egli non meno assediato. E così non potea nè impadronirsi di Aquileja, nè marciare sopra Roma per mancanza di barche e di carriaggi, stati tutti da’ romani presi e assicurati. Ingigantiasi eziandio per timore ogni voce di movimento: essere in armi tutto il popolo romano, di un medesimo spirito animata tutta Italia, porsi in piedi un esercito dall’Illiria e da tutto l’oriente e mezzodì, congiurati e consensienti nel detestare Massimino. Per la qual cosa eran venuti all’ultima disperazione, mancando loro tutte le cose, e nou potendo nemmen dissetarsi di acqua, ch’avean duopo attigner di quella del fiume, imbrodolata tutta di sangue e di marcia. Perchè gli aquilejesi, quei cadaveri i quali sotterrar non poteano, precipitavano nel fiume, e i soldati facean lo stesso di que’ tra loro che morivano di ferro o di malattia, fra i quali ve ne furono alcuni che dalla fame consumati l’anima ancora (come suol dirsi) co’ denti teneano.
Essendo dunque in questo modo l’esercito afflitto e di ogni cosa bisognoso, accadde un giorno, e appunto in un di quelli che non si combattea, che, mentre Massimino si riposava sotto il suo padiglione, e gli altri tutti o alle loro tende o agli altri alloggiamenti si teneano, quei soldati della guardia ch’hanno i loro quartieri in Roma appiè del monte Albano, e vi ten-