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incoraggito a sostenere animosamente la guelfa dagl’indovini, che lo accertarono aver conosciuto ne’ sagrifizj belle interiora, e arguitone tutto fare per lui. E veramente gl’italiani sogliono in tali casi avere a questi segni la più grandissima fede. Ed a tal’uopo si spacciavano eziandio degli oracoli di una certa patria divinità, i quali prometteano una sicura vittoria. Quei del paese la chiamano Belem e la tengono in grandissima venerazione, riputando che sia la stessa cosa che Apolline. E vi ebbe poi de’ soldati di Massimino che affermarono averla vista combattere dall’alto delle mura, non mi sapendo dire se dicessero il vero, o mentissero per diminuire la infamia e vergogna di cui si coprì sì grand’esercito sconfìtto da tanti pochi borghesi, e far parere di essere stati vinti, non dagli uomini, ma dagl’iddii. Quel ch’io posso dire si è, che il fine maraviglioso di questa impresa può muoverci a credere ogni più incredibile cosa.

Ma poiché gli ambasciatori se ne tornarono a Massimino senza aver nulla concluso, gli corse al cuore tanta ira e furore, che accelerava a tutt’ore la marcia. Ma, giunto al fiume, il quale sta discosto dalla città dodici miglia, trovò che per la piena delle acque avea dato fuori, squagliate essendosi le nevi de’ vicini monti che avea indurile la lunga invernata, e tanto era gonfio