gli comandò di portarvisi con alcuni altri capitani, sperando che il popolo non avrebbe dissentito a’ consigli autorevoli di un suo concittadino. Accostatisi costoro alle mura, parlarono in questo modo: Comandare il loro comune sovrano che depongano le armi, e invece di nemico, lo accolgano in piena pace ed amico, e attendano piuttosto alle feste che a meschiarsi della guerra: abbino pietà della patria che, se avessero persistito, vedrebbero schiantata fin da’ fondamenti: essere in istato, se vogliono, di provedere a un rqedesimo tempo alla propria salvezza ed a quella di lei, promettendo il clementissimo principe perdono e dimenticanza di ogni trascorso, convinto phe altri e non loro han colpa di quegli scandoli. Queste e simili cose diceano ad alta voce gli ambasciatori da sotto le mura per farsi intendere, se non da tutti, almeno da quelli ch’eran su’ baluardi e nelle torri; i quali nel più gran silenzio attendevano a’ suoi detti. Per la qual cosa, temendo Crispino che quelle promesse muovessero l’instabile volgo a fare la pace, ed aprire le porte al nemico, scorrea innanzi e indietro tutte le mura, e confortava e pregava particolarmente ciascuno che stessero forti, ed osservassero la fede data al senato e popolo romano: Non vogliate, proseguia, avere a vile la bella gloria di aver