Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
istoria libro viii. | 259 |
ranzato nella grandezza della città e nelle sue mura. Le quali in quella beata quiete che la grandezza romana facea godere alle città tutte d’Italia, essendosi invecchiate e dirupate, si erano allora per necessità ristaurate e invigorite di torri e di baluardi. Vi aggiunsero eziandìo, a maggior difesa della città, altre nuove trincee: e, avvertendo di tenere bene incatenacciate le porte, si stavano giorno e notte in vigilantissima guardia, e valorosamente combattendo, teneano lontano i nemici. Due erano i comandanti, personaggi consolari ed eletti dal senato, Crispino e Menofilo, i quali aveano fatto le maggiori diligenze a tenere provista la città di ogni più necessaria provisione, ond’essere al caso di sostenervi un lunghissimo assedio. Abbondantissime erano le acque e pe’ molti pozzi e pel fiume, il quale, serpeggiando intorno intorno alle mura e si scaricando ne’ fossi, ne somministra copiosamente in tutte le occorrenze.
In tale stato era posta la città, quando andò l’avviso a Massimino che ne aveano chiuse le porte, e difendeano valorosamente le mura. Egli allora si determinò a mandar loro una spezie di ambasceria, onde persuadergli a riceverlo. Trovandosi dunque nel suo esercito un tribuno nativo di Aquileja, i cui figli, moglie, e intera famiglia erano racchiusi in quella città,