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istoria libro vii. 227


romani temeano d’inseguirgli, ci si gittò dentro col cavallo: e, benché sei vedesse inghiottir sotto dalle acque, venne arditamente alle prese co’ barbari, uccidendo i più feroci tra loro. Il resto dell’esercito, vergognandosi di lasciare solo l’imperadore in mezzo a tanti nemici, si animò a entrare anch’ esso nella palude. Caddero molti d’ambe le parti, ma i barbari vi rimasero quasi tutti, facendo Massimino prove smisurate della sua persona, di modo che i molti cadaveri gallegianti, e il grande scempio che fece l’acqua colorata in rosso, davano mostra di una guerra navale.

Massimino non si contentò d’informare con lettere il senato e popolo romano di questa battaglia e delle sue gagliardie, ma fece esporre nella sala del consiglio de’ quadri analoghi, ove era tutto dipinto all’ingrande, acciò non solo si udissero le cose da lui operate, ma si vedessero sott’occhio. Questa pittura insieme con tutte le altre cose poste in suo onore, furono poi fatte levare e rimuovere dal senato. Si dettero eziandio altri combattimenti, ne’ quali tutti si segnalò Massimino per guerriero di gran fortezza e valore. Avvicinandosi però la stagione vernale, se ne tornò con tutti i prigioni e con assai preda in Ungheria; e fermatosi a svernare nella città di Sirmio, che passa per la più grande del paese,