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mano de’ barbari: che tanta è la largura e profondità di quel fiume che non si può passare a guado, e sulla ripa opposta manca di barche. Questa voce corse allora di quella trama, non saprei dire se vera, o immaginata da Massimino, perchè, non essendosene compilato processo, non si potè nulla avverare, e tutti quei che ne furono sospettati, vennero spietatamente uccisi, senza dar loro spazio a difendersi.

Quindi si ribellarono i soldati osroeni, i quali pieni di dolore per la morte di Alessandro, e abbattutisi a caso in un amico di lui detto Quartino, dimesso da Massimino, te lo misero in mezzo: e, non ostanti le sue repulse per avere a tutt’altro volto il pensiere, lo crearono loro generalissimo; e, indossatagli la porpora e precedendolo col fuoco, tutti funebri onori, lo elevarono suo malgrado all’imperio. Poco dipoi fu nel suo stesso padiglione assassinato da un famigliare che passava per suo grandissimo amico, il quale si chiamava Macedone, ed essendo generale degli osroeni, gli avea indotti a ribellarsi da Massimino. Costui dunque, gli mancando le ragioni dell’odio e della inimicizia, ammazzò l’amico che avea esso stesso tratto pe’ capelli all’imperio, e datosi a credere di far cosa gratissima a Massimino, gli fé’ presente del reciso teschio di lui. Massimino però, sebbene si rallegrasse di