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istoria libro vi. | 215 |
tare l’accomodamento, esibendosi di fornir loro quanto desiderassero, e di denari più che non ne vorrebbero, e tutto si riprometteva da quegli uomini voraci, e che per oro aveano sempre venduta la pace, non arrossendo di quel vii mercato che palesava apertamente la sua vigliaccheria. Ma il soldato romano era sulle furie, vedendo che si sprecava il tempo, senza che gli si facesse cogliere nessuna occasione di dar saggio di valore e di gagliardìa, e sbuffava contro Alessandro che si perdeva dietro alle corse ed altri simili divertimenti, quando facea duopo di vendicarsi de’ tedeschi, e far loro pagare il fio di tanta insolenza.
Era nell’esercito un Massimino, uomo mezzo barbaro d’un de’ più spregievoli borghi di Tracia, e che da fanciullo avea fatto il pecorajo. Cresciuto di età e divenuto di corpo robusto e gigantesco, fu soldato di cavalleria, e successivamente, quasi tratto per man della fortuna, ascese tutti i gradi della milizia, e pervenne ancora ad essere generale e governatore. Questo Massimino adunque, essendo stato per la sua perizia nell’arie militare incaricato da Alessandro a presiedere agli esercizj de’ soldati novelli per atteggiargli al combattere, disimpegnava questa incombenza con tanta assiduità, e con sì gentili maniere, che si era acquistala la