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istoria libro vi. | 213 |
della Dalmazia, che sono all’Italia contigui, in sì grandissimo pericolo che duopo era venisse in persona esso stesso sollecitissimamente al soccorso, e recasse seco tutto quanto l’esercito. Somiglievoli nuove lo empirono di terrore, e rattristarono sommamente que’ dalmati che con lui militavano. Era a loro assai grave vedersi vittima di doppia disgrazia, e ponendo in fascio la disfatta persiana e il presente brigantaggio tedesco, se ne sdegnavano e se la prendevano con Alessandro, la cui codardìa e poltronaggine, come avea minato gli affari di oriente, ruinarebbe, a parer loro, anche que’ di settentrione. E Alessandro stesso e i suoi amici erano in gran timore dell’Italia medesima, soprastando altra spezie di pericoli dalla guerra tedesca, che da quella di Persia. Perchè que’ popoli orientali tenuti lontani da continenti e da mari immensi, sanno appena il nome di lei; ma i tedeschi non sono dall’Italia divisi, che da quel picciolo spazio di paese, che ha nome di provincie illiriche. Spinto dunque dalla forza della necessità, fu suo malgrado costretto a intimare la partenza.
Lasciate dunque quelle truppe che credette sufficienti a difendere le frontiere, e rafforzate di guarnigione e di vettovaglie le piazze forti e i castelli, marciò con tutto il resto dell’