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dopo essersi onorati di grandissime prove di valore.

Questa gran disgrazia, non mai per innanzi sofferta, che fece mancare a un tratto tante truppe, le quali per fedeltà e gagliardìa non erano inferiori alle antiche, insuperbì maggiormente il re di Persia; e lo trasse a ripromettersi ogni cosa dalla sua prospera fortuna. Avutone poi l’avviso Alessandro che giaceva gravemente malato, o di maninconìa o per mutazione di aria, n’ebbe passione e dolore inestimabile. L’esercito però se la prese fieramente con lui, che per aver mancato e mentito la sua parola, avea mandati al macello tanti bravi soldati. Quindi egli, annojato dalla malattia nè più potendo reggere a quel caldissimo clima, si decise a mutare aria, tanto più che già serpeggiavano le febbri per tutto l’esercito, e spezialmente si metteano mortalissime addosso a’ dalmati, i quali avvezzi sotto un cielo umido e freddo e uomini di gran pasto non sapeano tenere la bocca. Stabilì dunque di tornarsene in Antiochia, e vi chiamò eziandìo quell’altro esercito, che per mezzo que’ scoscesi monti e asprissimi geli lo raggiunse tutto rotto, fracassalo e in ischeltro. Di modo che Alessandro trasse in Antiochia que’ soli soldati che avea seco, ridotti essi ancora a pochissimi. Le quali vicende furono cagione che si spandesse