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istoria libro vi. | 205 |
to dal senato e dal popolo , si partì cogli occhi volti sempre verso la città e tutti bagnati di pianto. Certo non vi fa nessuno che non si sentisse spezzare il cuore: tanto era grande l’amor che gli aveano, per esserselo essi stessi allevato, ed averlo visto reggere per tanti anni modestissimamente l’imperio.
Affrettando quindi le giornate, e passato in rassegna l’esercito illirico, si accrebbe di altre forze, e se ne venne in Antiochia. E quivi attendendo a fare diligentissimamente le necessarie proviste , a esercitare i soldati, e a dar sesto a ogni altra occorrenza di guerra, gli venne in capo di spedire una nuova ambasceria al re persiano per trattare nuovamente la pace, sperando che la sua presenza avrebbe influito a persuaderlo o a porlo in timore. Ma il barbaro congedò gli arabasciadori senza nulla concludere, e spedì ad Alessandro una legazione composta di quattrocento persone di statura gigantesca, vestite di uniformi messe in oro col massimo buon gusto, e montate delle pjù belle armi, e sopra i più generosi destrieri, dandosi a credere, che la paura che uscirebbe da quella vista farebbe perdere ogni speranza a’ romani. Il tenore dell’ambasceria era così concepito: Il gran re Artaserse comandare, che i romani e il loro imperadore sgombrino la Siria e tutta