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istoria libro vi. 203


minate forze, del nemico. Intanto Alessandro, fotta venire nel campo tutta la guarnigione di Roma, ascese il tribunale, e in tal forma parlò: Io desidererei, o mici soldati e compagni, discorrervi, come fo sempre, di cose che, aggiungendomi ornamento, recassero a voi che mi ascoltate soddisfazione e piacere. Imperocché, quante volte meco stesso pensando riguardo, quanto lungamente siete voi stati in perfettissima pace, tante conosco che le presenti inaspettate notizie saranno al vostro giudizio gravi e noiose. Ma benché, uomini quai voi siete valorosi e fortissimi, debbano elevare l’animo loro alle più alte speranze, gli è però egualmente duopo trarlo a se per emendare il peccato della fortuna. La quale, con quanta più forza è sostenuta nella necessità, di tanta maggiore gloria ricuopre, e non dissimil dolcezza ne porge, di quella che è usata far sentire a coloro che favorisce. Aggiugnete, che in quel modo che l’offensore si sente stimolare da’ rimorsi della sua coscienza, l’offeso si conforta e si francheggia sotto l’usbergo del sentirsi puro. Un certo Artaserse di Persia, dopo avere assassinato Artabano suo padrone, ed usurpatone il regno, si fa beffe delle forze e della maestà dell’imperio, e ardisce fare strazio e scempio delle nostre provincie. Io