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152 | erodiano |
vala. Si cibava parco, e in piatti e bicchieri di legno, di vivande vili e di pane impastato senz’arte. A tal’uopo macinava colle proprie mani tanto grano quanto a lui solo bastasse, e, fattene pagnotte, le cuoceva in sulla bracia e mangiavate. In una parola abborriva ogni delicatezza, e si trattava come il più vii soldatello. Oltre di questo, più caro gli era da’ suoi soldati compagno che imperadore esser chiamato, e spesse volte in cammino marciava a piedi con loro, raramente salendo in carrozza o a cavallo. Portava esso stesso le sue armi, e qualche volta eziandìo s’incollava le insegne militari ch’erano ed alte e per gli ornamenti degli ori di sì grave peso, che le reggeano a fatica i più robusti granatieri. Per tali ed altre simili cose l’esercito lo amava come un buon militare, e come gagliardo e forte in ammirazione lo avea, parendo loro cosa miracolosa che un omicciattolo, qual’egli era, reggesse a tante fatiche.
Ma dato ordine ai soldati che tenea sul Danubio, e venutosene nella Tracia provincia limitrofa alla Macedonia, subito si trasformò in un altro Alessandro. Imperocché la memoria di questo re in tutti i modi rinnovò, comandando che in tutte le città si ritraesse, e gli si rizzassero statue, e Roma stessa e il Campidoglio fece delle sue immagini riempire. Vedemmo similmente