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go a temere che una parte di lei possa andare smarrita per leggersi nel II. libro un errore de’ copisti, che alla parola ἑξήκοντα, sostituirono ἑβδομήκοντα. Scrivendo adunque la istoria de’ tempi stessi ne’ quali vivea, non la scrisse con modi vasti e diffusi, dimembrandola profusamente in varj capi: ma si valse di un argomento semplice, e sempre misurato a non digradarsi dietro alle menome cose. Perchè conobbe, che se la prestezza è utile in ogni operazione, lo è massimamente quando vi è abbondanza di cose da riportare; prendendo esempio, come dice il leggiadro e dotto Luciano, dal grande Omero, il quale, benchè poeta, tralascia Tantalo, Issione, Tizio, e i restanti: e da Tucidide che adoperò una forma di discorso brevissima, e tutta scevra di meschinità e di stucchevolezze. Dalla quale sua parsimonia, ritratta da’ precetti e dagli esempj, si vuol ripetere l’omissione de’ nomi di tutte le sorelle di Comodo, delle figliuole di Severo, di Giulia moglie di Eliogabalo, di Sallustia moglie di Alessandro, e di altre molte. E veramente, essendo questi nomi di persone che vissero senza infamia e senza lode, non era duopo si ricevessero entro una istoria, la quale non lascia fama che di coloro, i quali si sono distinti per grandi vizj o per