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istoria libro iii. | 109 |
insidie e la frode. Per la qual cosa gli spedisce alcuni suoi fidatissimi, del numero di quei corrieri che sogliono portare i dispacci imperiali, con lettere ed ambasciate, imponendo loro che, rimesse pubblicamente le lettere, dicessero dovere a lui comunicare alcune cose in segreto, e che, partite le guardie, gli si scagliassero addosso e l’uccidessero. Forni loro eziandìo certi veleni acciò s’ingegnassero di farli meschiare da quei che lo servivano in tavola ne’ cibi o bevande a lui destinate.
Ma gli amici di Albino dubitavano fortemente della lealtà di Severo, e non cessavano d’ammonirlo a guardarsi dalle insidie e dalle trame che costui, per l’effetto de’ suoi malvaggi pensieri, continuamente gli ordiva. Era a Severo fruttata più certa infamia di traditore dall’avere (come qui sopra dicemmo) indotti prima per mezzo de’ figliuoli i generali di Negro al tradimento, e poiché n’ebbe ottenuto l’intento, l’uni e gli altri spietatamente trucidato. Per si bestiai segno mostrato aveva avere e cuore e braccia a tal mestiere disciolte, e duopo essere ad Albino di tenersi, come si teneva, in guardia di lui. Cosicché tutti coloro che venivano da parte di Severo non gli erano intromessi che senza spada, e dopo fatte loro le più diligentissime ricerche.