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ed urlante salmi non più dolci di quei di Nembrotto. Per dare poi alla dizione tutta la vivacità delle forme, e per incalorire ed animare gli argomenti, è mestieri possedere non solo la perfettissima cognizione delle due lingue, ma essere ancora versati entro le scuole de’ retori. Chè, alcuna volta, le figure soggiacciono agli stessi effetti delle parole, e quella che nell’una lingua animava e abbelliva il concetto, volta nell’altra, lo deturpa e infiacchisce. Ed allora si vuol fare ricerca di tale, che, corrispondendo, conservi alla dizione le bellezze e il vigore del’originale. Perchè, siccome nella musica dall’accompagnamento delle voci che accanto suonano, il suono principale e proprio diviene più soave, così il figureggiare andando di accordo ed essendo consuonante colla proprietà de’ vocaboli, dà più brio ed elevatezza all’elocuzione. E se accadesse che ne sortissero più belle e più magnifiche figure, ne ritrarremmo lodi anche maggiori, avendo ben detto quel dotto francese Laharpe che il tradurre è altresì un rivaleggiare di eloquenza con le diverse armi di due lingue diverse.
Ora io, volendo volgarizzare Erodiano, mi sono governato secondo questi precetti: e pigliando norma dalle traduzioni degli anti-