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istoria libro iii. | 105 |
neggia, difese. Onde, già stracchi, e nulla più tementi gli assediati, eccoli che una notte vien giù dal cielo un diluvio d’acque, e tutto è coperto di neve, rigorosissimo essendo sempre in Cappadocia l’inverno, e massime al monte Tauro. Talché improvviso sgorga furioso un torrente, che trovandosi in petto i ripari, ingrandisce maggiormente ed infuria di modo, che scossine i fondamenti non atti a resistere a tanto impeto, ne sboccò fuori, e gli aperse. Della qual cosa accortisi i difensori, e vedendo che dileguate le acque, non rimanea più luogo a difesa, abbandonarono la piazza e si dettero alla fuga. Di che lieti i severiani, e saliti in maggiori speranze, come se gl’Iddìi gli menassero per mano, vista la fuga della guarnigione, traversarono senza ostacolo il monte Tauro, e si gittarono sulla Cilicia.
Venuto avviso di ciò a Negro, che avea già raccolto un grande esercito, ma di non usi nè alle fatiche nè alle armi, si sospinse a marce forzate, seguito da molta gentame, quasi tutta gioventù antiochena assai volenterosa, ma di valor non pareggiabile agli illirj. Affrontaronsi ad Issico in cotale pianura, che posta a’ piedi di spessi poggi si spaziava e distendea in forma di teatro assai da lungi sul mare, in guisa che si direbbe aver la natura a lei dato tal for-