Pagina:Epistole di Dante Allighieri.djvu/75

LETTERE

31

tando di mortifero sonno la vegliante ragione «Preoccupate la faccia di lui nella confessione dell'assoggettamento, e nel salterio della penitenza giubilate •; considerando come quegli che resiste alla podestà, resiste al comandamento di Dio; e quei che si scherma contra il divino comandamento, ricalcitra alla volontà coeguale alla Onnipotenza; e dura cosa è calcitrare contra lo sprone. 5. Ma voi, che oppressi piangete, sollevate l'animo, perciocché s'avvicina la vostra salute. Prendete il rastrello della buona umiltade, ed erpicando le zolle dell'arida discordia appianate il campicello della vostra mente, affinché la rugiada celeste, che previene le vostre sementi innanzi al gittare, non cada indarno dall'Altissimo, Non si ritorni da voi la grazia di Dio, quale rugiada cotidiana frangendo nella pietra; ma somiglianti a fertile valle concepite, e germogliate verdura, verdura dico fruttifera di vera pace; per lo qual verdeggiamento fiorendosi vostra terra, il novello Agricoltore de’ Romani con più amore e fidanza aggiogherà all'aratro i buoi del suo consiglio. Perdonate, perdonate fin d'ora, o miei carissimi, che meco sofferiste ingiuria, affinché l'ettoreo pastore vi conosca pecorelle del suo gregge: alle cui mani, quantunque per divino privilegio fu conceduta la verga del castigo temporale; nondimeno, perché spanda odore della bontà di Colui, dal quale quasi da un punto in due rami si parte la podestà di Pietro e di Cesare, ben egli corregge’ la disfrenata famiglia, ma più volentieri tribuisce misericordia. 6. Perciò, se vecchia colpa non frappone ostacolo, la quale molte tolte a guisa di serpente si contorce e volge contra sé stessa, voi potete ad entrambi acconsentire quella pace, che per ciascuno si desidera, e gustare le primizie della dimandata allegrezza. Svegliatevi adunque tutti, e sorgete ad inchinare il vostro sire, o abitatori d'Italia, riserbati a lui non solamente ad imperio, ma come gente franca a libero reggimento. 7. E non pure esorto che vi leviate in piede, ma che maravigliate eziandio nell' aspetto di lui, voi che bevete a’suoi fonti, e navigate ne’ suoi mari; voi che calcate le arene de’ lidi e le sommità delle Alpi, che sono di suo regno; voi che di tutte le cose pubbliche godete, e possedete le private non altramente che nel legame di sua legge. Deh non vogliate, come malaccorti, ingannare voi stessi, quasi sognando, e in cuore direndo: «Non abbiamo Signore». Imperocché giardino e lago di lui é quanto il circuito del cielo comprende: che «di Dio è il mare, ed egli lo fece; e le mani sue fondarono la terra» g). Il perché in maravigliosi effetti riluce, siccome Iddio predestinò il romano monarca; e la Chiesa professa, ch’egli posteriormente il confermò colla parola del Verbo. 8. E veramente, se dalla creatura del mondo, per quelle cose che fu- ^) Alla presupposta bestemmia degli empj contrappone qui Dante le parole del Salmo 94, V. 5.*