volta inimicizia, e' si diportassero nel 1311 e 1312 contro Arrigo VII, l'eroe di Dante, non ostante le loro buone, ma ipocrite promesse, allora noi comprenderemo per qual ragione il Poeta intorno l'anno 1314 sottoponesse al flagello dell'ira sua quelle persone, ch'egli aveva poco innanzi encomiate. A queste ragioni, cbe portano il compimento della prima Cantica fino all'anno 1314, puossi aggiungere ancora l'altra del vedervi fatta menzione di Clemente V con modi ingiuriosi1. Per tutto quel tempo in cui questo Papa, che pur passava per ghibellino, tenne intelligenza col partito del Poeta, e principalmente con Arrigo medesimo, era impossibile che Dante parlasse del capo visibile della Chiesa coi modi che veggionsi nel passo dell'Inferno sopraindicato; tante più che nella sua Lettera ai Principi Italiani, scritta intorno la fine del 1310 (della quale l'originale è ora ritrovato), egli dice in parlando dell'Imperatore: Quem (Henricum) Clemens, nunc Petri successor, luce apostolicae benedictionis illuminat2.
- ↑ Inf. XIX, 82.
- ↑ Gli argomenti prodotti dal Dionisi a sostegno della sua opinione, che l'Inferno non fu compiuto e pubblicato innanzi l'anno 1314, sono pochi di numero, e nella lor pochezza deboli e vacillanti. Interpretando que'versi della Commedia (Inf. XV, 70)
La tua fortuna tanto onor ti serba,
Che l'una parte e l'altra avranno fame
Di te; ma lunge fia dal becco l'erba;
dice il Dionisi, che «qui Dante parla dei Fiorentini fuoriusciti o cacciati, i quali erano Ghibellini propriamente detti, e de'Bianchi, gli uni e gli altri de'quali (chiamati qui per ischerno bestie fiesolane) vorranno dalla loro l'Autore esiliato; ma lunge fia dal becco l'erba; perchè egli se ne forbirà, e farassi parte per se stesso, come gli predice pur Cacciaguida. Or quando fu, ch'egli si sequestrasse totalmente da'Bianchi del pari che da'Ghibellini? Ciò fu dopo la morte d'Arrigo». Veramente il Dionisi mette qui fuori un'opinione troppo azzardata, perciocchè non veggiamo ragione per la quale non potessero usarsi da Dante quelle espressioni se non dopo la morte del magnanimo Imperatore: anzi egli s'inganna a partito, temendo che la frase l'aversi fatta parte per se stesso abbia relazione alle altre, e sia questa un corollario di quelle, sì perchè questa leggesi non nell'Inferno, ma nel Paradiso (XVII, 69), sì perchè essa allude al fatto dell'essersi l'Alighieri separato nel 1304 dagli altri esuli e fuoriusciti, che mattamente operavano. In ciò son concordi quasi che tutti i biografi e commentatori di Dante, frai quali mi piace per brevità citar soltanto l'Anonimo: «Ciò addiviene quando egli si oppose a che la parte bianca, cacciata di Firenze, e già guerreggiante, non richiedesse di gente gli amici nel verno (1303 al 1304), mostrando le ragioni del picciolo frutto; onde poi, venuta l'estate, non trovarono l'amico com'egli era disposto il verno: onde molto odio ed ira ne portarono a Dante; di che egli si partì da loro (fecesi parte per se stesso). E questo è quello che seguita, ch'essa parte della sua bestialitudine e del suo processo farà la prova. E certo elli ne furono morti e diserti in più parti grossamente, al quando elli vennero alla cittade colli Romagnoli (Luglio 1304), sì a Piano, sì a Pistoja ed altrova».
Altro non so se debba dirmi argomento trae il Dionisi dal vedersi nell'Inferno (XXI, 42) fatta menzione di Buonturo, siccome di gran barattiere. «L'insigne furberia di costui fu (egli dice) nella sorpresa de' Lucchesi fatta lor da' Pisani il 18 Novembre 1313, siccome asserisce Albertino Mussato»: ma questo argomento riman distrutto dalle parole ch'egli stesso soggiunge, dicendo, essere opposizion ragionevole l'obiettare che il demonio quivi introdotto a parlare non predice il futuro, a narra solo il presente, nè d'altronde sembrar meraviglia, che chi fu traditore nel 1313, fosse già famoso barattiere nel 1300.
Sembra per di più al Dionisi, che la prima Cantica non fosse compiuta che dopo la morte di Filippo il bello, vale a dire dopo il 29 Novembre del 1314. Il ragionamento da lui fatto per venire in questa sentenza è così strano e ridicolo, che non abbisogna di sottile confutazione. Eccone la soma. Il Pluto dell'Alighieri posto nel Canto VII dell'Inferno è simbolo di Filippo il bello. Perchè? perchè quel demone grida non in italiano, non in latino, ma sibbene in francese: Pe pe, Satan, pe pe, Satan, alè, pe. Or egli conchiude, che «non volea la politica, o per dir meglio la pelle di Dante, che in vita di quel Monarca vendicativo e potente ei ne sparlasse a tal segno»; e perciò la Cantica dell'Inferno dover essere posteriore alla morte di esso. Nel vero non si risolvono di