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XVII

XVIII. Ma prima di lasciare il soggetto della medesima, mi sieno permesse alcune riflessioni riguardo all’impugnarne l’autenticità e contendere sulla data. Chi mai potrebbe affermare, che in tanta distanza di tempi non possano esservi circostanze a noi sconosciute? Basterebbe una anche sola a render probabile ciò, che ignorandola riesce improbabile. I possibili, nessun lo negherà, sono infiniti. Le prove infatti che si volessero, p. e., trarre dalle tre Cantiche del Poema, tornano incerte, perchè un poeta muta e rimuta il suo lavoro; e dove pure si giungesse a stabilire con qualche verosimiglianza il tempo, in che tale o tal’altra parte del Poema fu scritta, non si potrà mai fissare il momento delle correzioni, mutazioni, sostituzioni che l’Autore, secondo il vario succedere degli avvenimenti, non di rado, contrarii alle sue vedute, alle sue speranze, dee necessariamente avervi introdotte1.

XIX. Consimili avvertenze mi convien fare circa la contrastata legittimità dell’Epistola diretta a Guido Novello da Polenta, la

    radiso era stato dedicato a Federigo III re di Sicilia; ma forse non ben persuaso di questa voce, riferì pur l’altra della dedica fattane a messer Cane della Scala; senza però dare molto peso ne all’una nè all’altra delle due opinioni, giacche non curossi d’investigarne la vera. Che poi non potesse aver Dante intitolato al Principe siciliano la terza delle sue Cantiche, lo ha già dimostrato con luminose ragioni l’onorevolmente citato amico mio Prof. Centofanti fin dal 1832 nell’Antologia di Firenze (Fasc. n.º 15, pag. 56), ove sono riportate le non poche veementi invettive dal ghibellino Poeta inserite in quella Cantica medesima contro Federigo; il quale non avria dovuto riguardare che come amara satira la pretesa dedicazione. Ma rispetto all’averla consacrata allo Scaligero, si è fatto a combattere questo parere, generalmente ammesso dai critici moderni, il ch. dot. Filippo cav. De Scolari, cui mi legano cari vincoli amichevoli e di patria, in una erudita Dissertazione gentilmente da lui cedutami, e che tuttora inedita sarà da me posta alla luce in altra già divisata occasione, appartenendo al pubblico il darne giudizio.

  1. Addurrò qui un esempio, il quale comechè recente e incalzante giustifica ciò, che venni or ora esponendo. Napoleone accettò la dedica della traduzione de’ Comentarii di Giulio Cesare eseguita dal ch. Barone Camillo Ugoni di Brescia fino dal 1811. La data dell’edizione era anteriore; poi distrutta quella prima stampa, vi fu posta la data del 1812: ma la pubblicazione non ebbe luogo che nel 1818, con data quindi molto anteriore, poichè si tenne a lungo giacente quella edizione. Se uno trovasse casualmente, quando che sia, qualche copia di quella prima dedica, che in fatti fu scritta e riscritta, e dicesse ch’era la dedica della citata traduzione (dedica effettivamente divisata), non direbbe altro che il vero. Ma quante obbiezioni di date, di rimutazioni politiche, di morte non gli si potrebbero fare, apparentemente concludenti? E pur non ostante quegli direbbe sempre il vero. Infinite sono le contingenze nell’avvenire, e le circostanze del passato sono quasi altrettante. Qui la parità cade a capello sopra due dediche, sulle vicissitudini dei Mecenati alternativamente vittoriosi e sconfitti, e sopra il picciol fondamento che si può fare intorno a date sì remote prima della stampa, quando anche date recentissime potrebbero condurre in errore.