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liane, vorrei che lo appagassero le ragioni mie e d’altri, che si vedranno allegate nell’argomento e nelle note, per giustificare il posto ch’essa tiene in questo volume. — Quanto pòi a quella diretta ai nipoti di Alessandro da Romena, ― n. II, 1306 -, a Maroello Malaspina ― n. III, 1307 -, a Cino da Pistoja ― n. IV, 1308 -, a Guido da Polenta ― n. XI, 1313 -, e in fine a Cangrande ― n. XIV, 1318 ―,1 ho fiducia di non essermi dilungato gran che dal vero nelle date rispettivathente attribuite, secondochè si vedrà notato ai luoghi loro, lasciando però alla sagacità dei lettori il valutare i motivi che mi determinarono.

Ma riguardo alla ortografia del MS., soverchiando d’ogni parte gli errori piovuti di penna al copiatore ignorante di latino, non potea sofferirsi di lasciarvi tante oscurità e goffaggini, e però si ridusse il testo al suo naturale colare.

XIII. Richiedendosi ormai di fare qualche cenno anche intorno alle Epistole per lo innanzi divulgate procurerò di circoscrivermi a breve discorso. Le due edizioni che se ne hanno la prima ― 1827 estremamente rara, perchè tiratine scarsissimi esemplari non venali, dovuta al sullodato Prof. Witte, benemerito senza fine della letteratura nostra pei diversi suoi scritti sulle opere di Dante;2 la se-

  1. Vedi la nota n.° I in fine a quest’ultima Epistola riguardo al primo rifugio del ramingo Poeta presso la famiglia Scaligera di Verona. Qui osserverò solo, relativamente a Cangrande, che Dante vedutolo prima giovinetto di 10 a 12 anni presso il fratello primogenito Bartolommeo suo tutore, dee averlo poi conosciuto adulto in Toscana, e forse a Pisa quando, era al seguito di Arrigo VII nel tempo delle fazioni diverse contra Firenze e la parte guelfa. Che poi non lo abbia riveduto nuovamente in Verona assai prima del 1319, può farsene induzione, riflettendo, che avanti dedicargli la Cantica del Paradiso dovean esser corsi pochi mesi dacché trovavasi alla corte di quel Principe, onde cominciando a ricevere nel suo particolare contrassegni di favore potersi dire novello nella grazia di lui, e mostrarglisi riconoscente e desideroso di essere consideralo come amico suo, nell’atto che usando con esso di questo titolo gli offeriva quel nobilissimo lavoro. Anzi dice il Foscolo (Discorso sul testo del Poema. Londra, 1842, vol. I, pag. 180) «ch’è da credere, che la dedicatoria sia stata dettata nel corso del 1318, poco innanzi al dicembre dell’elezione di Cane al principato della federazione de’Ghibellini». Vedi in calce alla Prefazione la nota n.°II.
  2. Eccone il titolo: Dantis Aligherii Epistolae quae exstant eum notis Caroli Witte, Athenaei Veneti, et Academiarum Hyperboreo ― Romanae, Florimontanae, quae Fibone Valentia, Sepultorum, quae Volaterris floret, eto. Socii. — Patavii, sub signo Minervae, MDCCCXXVII. (Vratislaviae, apud Edit.)» — in 8° pagg. 108.