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fatti e teorie 49


In questi casi è sempre facile scoprire l’errore, mediante una prova espressamente preparata, in guisa da dare una risposta decisiva. L’essenziale è di variare le condizioni sotto cui il fenomeno si manifesta, il che si ottiene nel modo più sicuro se, in luogo della vista, si fa intervenire come giudice un altro senso, ad es. il tatto.

Ma si può anche rendersi conto di un’illusione ottica senza uscire dal campo dell’esperienza visiva, come appunto accade negli esempii sopra citati. Basta in ogni caso studiare le condizioni in cui la visione si effettua, e scoprire ciò che deve essere cambiato per eliminare la causa d’errore.

Del resto, non la vista soltanto, ma ciascuno dei sensi può illuderci in determinate circostanze.

L’orecchio ci trae in inganno col fenomeno ben noto dell’eco, che pertanto è facile a scoprire, cambiando opportunamente di posto.

Il tatto stesso, il senso nel quale riponiamo la più cieca fiducia, non è esente da alcune cause d’errore, fortunatamente assai rare. Basti ricordare la semplicissima esperienza che consiste nel toccare i due lati di una pallina colle dita incrociate; si ha la percezione che vi sieno due palline in luogo di una sola.


§ 3. Il criterio della realtà.

L’analisi dei procedimenti che impieghiamo quando si tratta di chiarire la realtà, c’illumina mostrandoci che cosa esiga la nostra credenza in un fatto reale. Essa ci aiuta così a determinare i caratteri del reale, e ci conduce quindi, naturalmente, ad una definizione positiva della realtà.

Appare, in ciascun caso, come non si tratti soltanto di dati di sensazioni passive; non basta vedere, ma occorre vedere ciò che si guardi da un certo posto o in tali o tali altre condizioni volontariamente disposte; non basta udire, ma occorre udire ciò che si ascolti, in tale o tale altro modo secondo ci piaccia, ecc. E bisogna che, secondo un aggruppamento fisso, tutte le sensazioni attese, della vista, dell’udito o del tatto, si producano in un modo preveduto sotto certe ben note circostanze nelle quali ci poniamo. Se ne manca una sola, che appartenga al fatto in modo essenziale, la delusione dell’attesa ci apprende che la nostra credenza al fatto era erronea.

Cioè la nostra credenza a qualcosa di reale, suppone un insieme di sensazioni che invariabilmente susseguano a certe condizioni volontariamente disposte.

E poichè il verificarsi delle condizioni accennate forma oggetto alla sua volta di altre sensazioni, la credenza nel reale suppone in ultima analisi un rapporto associativo fra sensazioni; sia che si tratti di uno di quei rapporti più fissi e familiari che ci figuriamo come un oggetto, sia di uno di quei rapporti (di 2º grado) che pensiamo come una relazione fra oggetti.

Enriques, Problemi 4