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introduzione 31


Non usciremo dal dominio delle conoscenze fisiche prendendo brevemente in esame le questioni relative all’ipotesi atomica, nelle quali il valore psicologico della rappresentazione metafisica si palesa molto chiaramente.

Non è nostro proposito di discutere qui le antinomie che si collegano alla supposizione dell’atomo. Poichè non sappiamo rappresentarci una parte della materia, se non dotata di tutti gli attributi di questa, l’immagine che ci formiamo degli atomi, riguardandoli come corpi estremamente piccoli, urta contro difficoltà, forse insormontabili, appena che si attribuisca loro un senso reale.

Veramente non possiamo tacere che i nuovi studii originati dall’esperienza del tubo di Crookes, e le idee relative alla spiegazione elettrica dell’indivisibilità dell’atomo, allontanerebbero forse la più grave delle difficoltà a cui sopra abbiamo alluso. Nondimeno tali difficoltà rinascerebbero per l’elettrone, sicchè uno spirito prudentemente positivo non può vedere nell’ipotesi atomica che una rappresentazione subiettiva.

Spogliando l’atomo degli attributi concreti, inerenti alla sua immagine, si viene a considerarlo come un simbolo. Il valore logico della teoria atomica dipende allora dalla corrispondenza che si conviene di stabilire fra i simboli che essa racchiude e la realtà che si vuole rappresentare.

Ora se ci riportiamo al momento in cui la suddetta teoria fu accettata nella Chimica moderna, vediamo che le formule atomiche brute contengono soltanto la rappresentazione dei rapporti invariabili di combinazione dei corpi semplici, in peso e in volume; questi ultimi essendo presi in relazione ad uno stato gassoso ben definito.

Ma, una volta introdotto nella scienza, il linguaggio atomico suggerisce di estendere il significato dei simboli, e di cercare nella realtà fatti che rispondano a questa concezione più estesa.

La teoria cammina, spinta, per così dire, dal suo lato metafisico, o, se si vuole, dall’associazione d’idee che l’immagine concreta dell’atomo porta con sè.

Così alle formule brute si sostituiscono, nella Chimica dei composti del carbonio, le formule di struttura, le quali vengono a rappresentare, mercè la disposizione o l’aggruppamento degli atomi nella molecola, dei rapporti di formazione di secondo grado, cioè rapporti inerenti a certe trasformazioni chimiche rispetto a cui taluni gruppi di elementi hanno in qualche modo carattere invariante. E qui, non bastando l’immagine piana della molecola, a spiegare p. es. i fatti d’isomeria, soccorre la rappresentazione stereochimica di Van’t Hoff.

Dobbiamo ricordare ancora la teoria cinetica dei gas, i fatti spiegati colla dissociazione molecolare in ioni, le ipotesi suggerite p. es. a Van der Vaals della veduta che all’atomo appartenga una grossezza effettiva? dobbiamo accennare ai fenomeni fisici di un ordine tutto diverso (p. es. alla colorazione