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28 | capitolo i |
Per poco infatti che ci si accosti ad esaminare uno di quei sistemi ontologici, ove si ha l’espressione più genuina dello spirito metafisico, si scorge tosto come le entità, con cui in essi si fabbrica il mondo, altro non rappresentano se non immagini di cose reali. Quando anche i loro autori vi pongono in guardia che le sostanze, gli eteri o i fluidi da essi immaginati sono ben diversi dagli oggetti concreti cui le parole sono associate, in quanto rappresentano qualcosa che è al di là dei fenomeni, voi non tardate a riconoscere come questa diversità consista soltanto nell’aver unito proprietà spettanti a cose diverse, con un processo mentale di associazione e di astrazione.
In ultima analisi una ontologia è una rappresentazione subiettiva della realtà, un modello foggiato dallo spirito umano, i cui elementi, tratti da oggetti reali, vengono combinati per modo da render conto di un certo ordine di conoscenze, secondo un certo punto di vista, che si prende arbitrariamente come universale.
I primi sistemi ontologici che la storia registri palesano grossolanamente questo carattere; così, p. es., il sistema di Talete di Mileto che spiegava l’umidità del seme e della pianta, l’origine dei terremoti e la costituzione dell’ambiente geografico della Grecia, riguardando «l’acqua» come il sommo principio di tutte le cose. Nelle costruzioni più evolute il processo di associazione e di astrazione è più complesso.
Ma nella Filosofia moderna vi si aggiunge il modo trascendente di considerare l’universalità del sistema, che si pretende non soltanto adatto a spiegare ogni nuovo dato possibile della realtà, ma anche la realtà stessa presa nella sua infinità attuale, e quindi l’assoluto contrapposto al relativo.
L’origine teologica della Metafisica dell’età nostra, spiega abbastanza bene il carattere anzidetto, da essa assunto. Tuttavia sotto un certo aspetto appare come codesta degenerazione, per cui si introduce nelle ontologie una viziosità sistematica, sia il naturale sviluppo, secondo le leggi psicologiche, del principio stesso di quel modo di filosofare, che, dopo alcune osservazioni preliminari, si isola completamente dal mondo esteriore. Invero tale isolamento permette al pensatore di raffigurarsi come perfetta la propria concezione del reale, di guisa che la infinità dell’universo, che è un carattere del processo genetico di acquisto delle conoscenze, non può essere rappresentata nella concezione anzidetta se non accordando all’infinito un valore attuale.
Ma, senza indugiarci ulteriormente nella critica di quei procedimenti trascendenti, di cui abbiamo denunziato la vanità, riconosciamo piuttosto che anche nelle ontologie della moderna Metafisica, ci è sempre un sistema di immagini, un modello, che può adattarsi, talvolta convenientemente, ad un qualche ordine di fatti reali, e che, ad ogni modo, promovendo associazioni nuove, può riuscir utile nello sviluppo della Scienza. Ed unicamente a questo