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introduzione 25


Ma tutto ciò è anche indifferente per noi quando prendiamo l’ipotesi di una misura esatta come punto di partenza di un ragionamento.

Il valore dell’ipotesi sta soltanto nell’ammettere che i fatti inerenti alle determinazioni sperimentali della misura possano essere rappresentati da un concetto (il concetto di un numero) logicamente ben definito, per modo che i ragionamenti istituiti su tale concetto conducano a previsioni verificate dalla esperienza. Ora in questa subordinazione dei dati delle sensazioni e dei concetti, sta appunto un elemento della struttura psicologica, la cui importanza per la teoria della conoscenza avremo occasione di rilevare più tardi.


Poche parole ancora intorno al postulato della media, che meno direttamente si lega al nostro soggetto.

Diceva argutamente il Lipmann al Poincaré, che in tali questioni, attinenti alla probabilità, l’accordo degli scienziati è unanime, perchè i matematici le ritengono risolute dall’esperienza fisica, e i fisici dalle matematiche. E il Poincaré, riportando il motto, giustamente avverte, la questione non doversi oramai più discutere; si tratta soltanto di resultati sperimentali.

La scelta della media aritmetica a rappresentare una serie di osservazioni, corrisponde alla scelta di quel numero per cui la somma dei quadrati delle differenze dai resultati delle osservazioni parziali, riesce minima. Questa scelta è a priori arbitraria. Ma il principio da cui essa dipende si giustifica col maggiore accordo ottenuto nel confronto di serie d’osservazioni diverse. In fin dei conti la nozione fisica della misura risponde ad un intervallo, che si tenta di ridurre il più piccolo possibile, entro il quale sono racchiusi i numeri forniti dal processo determinativo. Questo intervallo si restringe se ai numeri dati dalle singole osservazioni si sostituiscono le medie delle osservazioni similari. Tale è il valore del postulato della media che Gauss ha posto a base della teoria degli errori. Si prende la media aritmetica, rendendo minima la somma dei quadrati delle differenze dianzi indicate, perchè si domanda appunto, nel resultato, di ridurre l’intervallo che separa, in un senso e nell’altro, i numeri estremi ottenuti, dal numero equidistante da essi.


§ 21. Subiettivo ed obiettivo nella costruzione scientifica.

Proseguendo le osservazioni precedenti saremo tratti a discutere più profondamente il problema che concerne la definizione positiva del reale; questo problema considereremo in modo più largo nel cap. II, istituendo una critica dei fatti e delle teorie.

Qui ci limitiamo ad osservare come l’esempio della misura c’istruisca intorno al valore scientifico della distinzione tra subiettivo ed obiettivo nella conoscenza. Dappoichè questa distinzione, smessa ogni pretesa d’intenderla