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322 capitolo vi

dibili da chi conosca bene gli antecedenti del deliberante». Ora, purchè si pongano fra questi antecedenti anche i sentimenti e la volontà della persona di cui si discute, la risposta affermativa non è dubbia.

Osservazioni dirette vengono in appoggio alla tesi deterministica, indipendentemente dai motivi generali che confermano il determinismo fisiologico; e ciò in modo tanto più sicuro quanto più si eliminino le cause d’errore, provenienti dall’incompleta conoscenza dei moventi che agiscono nello spinto altrui, e dalla complessità dei fatti, mutabili per piccolissime variazioni di codesti motivi.

All’intuizione della ragionevolezza delle azioni umane (cioè della loro dipendenza da motivi) che risulta dalle predette osservazioni, si aggiungono altri dati obiettivi, p. es. la regolarità statistica dei fatti sociali, così bene messa in luce dal Quételet ecc.

Ma non giova insistere su codesti argomenti. Essi bastano certo, per chi abbia eliminato dalla sua mente ogni prevenzione d’ordine morale, a costituire nel loro insieme una prova induttiva del determinismo psicologico, o se si preferisce a giustificare anche in questo campo la fiducia in una possibile scienza, non diversa da quella che si riferisce a tutti gli altri ordini di fatti, da noi compresi come rapporti invariabili di coesistenza e di successione.


Se il determinismo psicologico solleva difficoltà, queste non provengono da ragioni di ordine scientifico.

Perchè dunque si ha repugnanza ad accoglierlo?

La risposta è chiara: Perchè la tesi deterministica sembra contraddire all’intuizione immediata che ciascuno ha della libertà del proprio volere. Perchè al concetto di questa «libertà» si legano le idee direttrici che stanno a base dei nostri apprezzamenti morali.

Importa dunque mostrare che, ove l’anzidetta intuizione dei fatti volontarii venga interpretata rettamente, libertà e determinismo non si contraddicono.

La tesi della volontà libera, secondo l’attestazione della nostra coscienza, afferma:

1) la possibilità che ogni uomo ha di fare, entro certi limiti, ciò che ha deliberato (libertà fisica o esterna);
2) la possibiltà ch’egli ha pure di agire, fino ad un certo punto, sul corso dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, e quindi di determinare o modificare le deliberazioni ulteriori, inibendo o esaltando l’azione dei motivi. Questa «libertà di volere», contrapposta alla «libertà di fare», costituisce la cosidetta libertà morale o libertà interna.

Essa ha, come la prima, una reale sussistenza. Da essa noi attingiamo la fiducia in noi stessi. In essa riponiamo il vero fondamento della nostra responsabilità, onde ci teniamo al massimo grado responsabili di quelle azioni che furono premeditatamente volute, come conseguenza di una matura deli-