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per un medesimo sperimentatore tende a differire dalla misura reale per un errore regolare, che prende il nome di costante personale.

In due modi questo fatto può essere riconosciuto, sia coll’impiego di istrumenti di misura più perfezionati, sia col confronto delle osservazioni di differenti persone. Ma una volta stabilita la costante personale, valendoci di essa per correggere sistematicamente la determinazione di misura, si raggiunge un grado di esattezza maggiore, che si manifesta per un accordo più preciso fra i resultati di uno stesso sperimentatore e di sperimentatori diversi.

Le notizie, sopra ricordate, rischiarano il contenuto positivo dell’affermazione relativa all’elemento subiettivo della conoscenza.

Infatti nell’esempio precedente noi vediamo ancora una volta come non si tratti di dare all’oggetto per riguardo al soggetto un significato trascendentale rigoroso. La distinzione per essere relativa non perde certo della sua importanza: l’esistenza di un dato della struttura sensoriale riesce lucidamente definita comunque la conoscenza medesima, che prendiamo come esatta, si riconduca mediatamente ai sensi stessi, di cui poniamo in luce l’errore.


Ma vi è un altro aspetto delle considerazioni precedenti che importa di rilevare.

Il riconoscimento della legge degli errori sopra accennata si ha sostituendo all’insieme delle osservazioni varie e molteplici la loro media aritmetica, che si presume avvicinare di più alla misura esatta.

Due questioni sorgono.

Anzitutto vediamo l’idea di una misura esatta avere una parte nel procedimento mentale che ci conduce a correggere l’errore dei sensi. È questo un punto essenziale, su cui sopratutto i kantiani fermeranno la loro attenzione.

Che cos’è la misura esatta? Non è essa l’assoluto nella misura? E non si sarebbe così forzati di accordare un posto a questo assoluto, che dianzi abbiamo proclamato vuoto di senso?

Esaminiamo pacatamente la questione.

Se viene domandato: «Si può concepire un ultimo termine nella determinazione sempre più approssimativa di una misura? noi rispondiamo no. In questo senso realistico, la misura esatta non significa nulla. L’ipotesi di una determinazione rigorosa immediata della misura urta poi contro obiezioni di varia natura. Ciò che sappiamo o supponiamo della costituzione della materia, e ciò che ammettiamo relativamente alla luce (sopratutto la nozione di una lunghezza d’onda), creano ostacolo ad una siffatta ipotesi; sicchè non è difficile, p. es., assegnare un limite teorico, non troppo lontano dal limite pratico effettivamente raggiunto, alla più piccola lunghezza visibile col microscopio.