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20 | capitolo i |
a valutare la distinzione, escludendo ogni pretesa di trovarvi dentro qualche cosa di assoluto.
Ma perciò occorre, non soltanto mettere da parte gli sviluppi della sfrenata speculazione post-kantiana, ma anche gli stessi giudizii del Maestro intorno all’«anticipazione a priori della forma di un’esperienza possibile» (cfr. op. c. pg. 312) e alla «realtà obiettiva conferita alle conoscenze a priori dalla possibilità dell’esperienza» (op. c. pg. 215); giudizi in se stessi ambigui, che, nella loro interpretazione autentica e nell’applicazione loro, risentono del vizio originario d’intendere trascendentemente la distinzione fra subiettivo e obiettivo; e pei quali, venendosi implicitamente a riconoscere una certa oggettivazione delle leggi strutturali della psiche nella costruzione della Geometria o della Meccanica, si è in fin dei conti riaperta la porta a quella Metafisica, che il Kant voleva condannata per sempre.
D’altronde, al di fuori dello sviluppo della Filosofia nel secolo scorso, ciò che era di vitale nel criticismo ha lasciato più vive tracce nei domini della Scienza, ove è penetrato, agitando e rinnovando. E da questa base appunto deve sorgere la critica nuova recante luce ai problemi positivi della conoscenza.
§ 19. La distinzione tra subiettivo ed obiettivo considerata positivamente.
La distinzione tra subiettivo e obiettivo, ha un contenuto positivo per riguardo alle nostre conoscenze? In qual modo reggerà essa, poichè abbiam visto cadere l’antinomia fra il soggetto e l’oggetto, trascendentemente presi? Procediamo a valutare alcuni esempii, che sembrano atti a condurci ad una conveniente definizione induttiva.
Si abbia una piccola scatola di cubi, di quelle che (secondo il sistema freobeliano) vengono date come giuoco ai bambini. Il fondo della scatola è diviso da due righe nere in quattro quadrati, uguali alle faccie dei nostri cubi. Il bambino apprende quindi che «per coprire il fondo della scatola occorrono quattro cubi».
Tutti siamo d’accordo nel riconoscere che questa affermazione contiene un elemento obiettivo: se invero la scatola fosse più grande, in confronto ai cubi, di questi potrebbe occorrerne sei o otto ecc. Tuttavia nell’espressione della conoscenza suddetta entra qualche elemento subiettivo. In primo luogo la forma verbale della parola «quattro», che viene pronunciata diversamente da persone diverse, e a cui un francese surroga il suono «quatre», un tedesco «vier» ecc. In secondo luogo, la forma psicologica di essa1: un bambino
- ↑ Una differenza psicologica è già espressa talvolta dalla stessa diversità verbale: così, p. es., il numero ottanta si rappresenta da un italiano come , da un francese come (quatre vingts).