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278 capitolo vi

in altre energie (elettrica, fotica ecc.). La somma delle varie energie nominate si mantiene costante.

Questo è il principio generale della conservazione dell’energia, che abbraccia in particolare l’equivalenza termo-dinamica.


Rileviamo esplicitamente che il principio della conservazione dell’energia deve essere oggi ritenuto come un principio sperimentale, indipendentemente dall’ipotesi delle forze centrali.

Tale affermazione non contraddice al legame riconosciuto fra l’ipotesi e il principio. Questo è una conseguenza di quella, ma non viceversa. Quindi se varie e concordanti esperienze verificano direttamente la conservazione dell’energia, si viene a porre la validità del principio stesso sopra una nuova base, mentre l’ipotesi iniziale che suggerì la scoperta riceve soltanto una conferma indiretta ed incompleta.

Ora la concorde fiducia nel principio dell’energia riposa sopra due ordini di prove:

1) le esperienze dirette di Joule, di Hirn ecc. nelle quali si ritrova l’equivalente meccanico del calore attraverso le più varie trasformazioni di energia;
2) la prova indiretta di Helmholtz, che ha dedotto il principio della conservazione dell’energia dalla impossibilità del moto perpetuo, ritenendo questa impossibilità messa in luce da un esame critico dei tentativi infruttosi che si riferiscono al nominato problema.


§ 14. Secondo principio della Termodinamica.

Il secondo principio della Termodinamica non trae affatto la sua origine da rappresentazioni meccaniche del calore, ma è suggerito dall’analogia della «caduta di calore» col moto di un fluido; vedremo anzi le difficoltà che si incontrano per conciliarlo col meccanismo.

La scoperta si riattacca agli studi Sadi Carnot sulle macchine termiche; occorse soltanto rettificare i resultati ottenuti da questi nell’ipotesi del fluido calorifico, mettendoli in armonia col principio dell’equivalenza fra calore e lavoro; ciò fece Clausius nel 1850.

Il postulato fondamentale di Clausius è che «il calore non può passare da un corpo più freddo ad uno più caldo, senza impiego di lavoro e senza che contemporaneamente altro calore passi da un terzo corpo ad un quarto a temperatura più bassa». Da questo postulato si deduce un principio equivalente, che esprime l’impossibilità del così detto moto perpetuo di seconda specie, cioè «non è possibile trasformare calore in lavoro, togliendo calore da una sola sorgente a temperatura uniforme».

Combinando tale principio con quello dell’equivalenza, si perviene al teorema di Carnot-Clausius, che enunciamo nella sua forma più generale