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estensione della meccanica 277


Ora, senza entrare in una disamina troppo minuta, diremo che:

La rappresentazione del fluido calorifico cui sono direttamente ispirate le prime ricerche calorimetriche di Black e di Crawford, è da riguardare come il motivo fondamentale per cui il riconoscimento dell’equivalenza fra calore e lavoro ha tardato tanto a seguire il principio delle forze vive.

La suddetta rappresentazione è invalidata direttamente dalle esperienze di Rumford e Davy, il quale nel 1812 veniva ricondotto a considerare il calore come una forma di movimento; tuttavia gli studii sulle macchine termiche intrapresi da Sadi Carnot nel 1824 ritengono sempre l’immagine del calorico indistruttibile. Soltanto alcuni anni più tardi Carnot rettificava queste vedute e giungeva a riconoscere un equivalente meccanico del calore; ma le sue note in proposito rimasero inedite, per quarant’anni ancora dopo la sua morte, avvenuta nel 1832.

Nel decennio che corre fra il 1830 e il 1840 diversi pensatori si avvicinano all’idea che il calore sia movimento, e ne traggono la veduta della permanenza di ciò che oggi si chiama energia; citiamo p. es. un lavoro di Mohr (1837) rivendicato da Tait.

Da ciò risulta che fa rappresentazione meccanica del calore deve riconoscersi più o meno esplicitamente quale idea direttiva nella ricerca di una equivalenza fra calore e lavoro, e quindi deve essere ritenuta preparatrice della scoperta che si riattacca ai nomi di Mayer (1842) Joule e Colding (1843).

Senza discutere i meriti rispettivi di questi tre scopritori, basta infatti constatare che, qualunque fossero le loro vedute personali, essi trovavansi di fronte ad una questione già posta; appunto nell’aver posto la questione si ravvisa l’influenza della teoria sulla conquista sperimentale, cioè il valore euristico del modello che fa del calore una forma di movimento.

Contro questa tesi invano si addurebbero le opinioni personali del Mayer che rifiuta tale concezione meccanica; tanto più che nella ricerca del Mayer stesso si scorge già postulata a priori la permanenza di un quid comune al calore e al lavoro, e, senza dimostrare questo fatto, si ottiene la determinazione numerica dell’equivalente termodinamico dal confronto dei calori specifici dell’aria.

Il rapporto del principio di equivalenza colla teoria meccanica del calore appare nettamente compreso da Joule e da Colding; e rifulge di luce più viva nei lavori di Helmholtz (1847). Se si considera ogni sistema isolato come un meccanismo newtoniano, per modo che esista un potenziale o una energia potenziale (la cui variazione locale misura la forza), vi è luogo a considerare la enegia totale del sistema, cioè la somma della suddetta energia potenziale e della energia cinetica o forza viva, come decomposta in diverse energie aventi un proprio significato fisico: in una energia meccanica apparente (cinetica e potenziale), in una energia termica o quantità di calore, ed in generale anche