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estensione della meccanica | 275 |
A tale scopo si è proposta una modificazione dell’ipotesi 3), che ricorre anche in alcuni dei più autorevoli trattati recenti; essa consiste nell’ammettere che:
Queste ipotesi contraddicono direttamente la Statica classica; la prima nega il principio della resultante, la seconda il principio statico di azione e reazione!
È naturale che si sia cercato di sfuggire ad una tale conclusione; Poisson ebbe già a tentarlo ricorrendo ad ipotesi sulla forma delle particelle atomiche, ma a dir vero tali considerazioni appaiono un po’ artificiose.
W. Thomson ha indicato una soluzione più soddisfacente, proponendo di modificare l’ipotesi a) 2) o la a) 1), e soprattutto quest’ultima.
Ammettere che i punti materiali di un solido in equilibrio siano effettivamente in moto, cioè che dove noi vediamo la quiete si tratti di equilibrio statistico, nel senso della teoria cinetica dei gas, è un modo di sciogliere la difficoltà che potrebbe sembrare ardito a priori, ma che riceve un conforto dalla teoria meccanica del calore.
Se accettiamo questa modificazione, le forze centrali esercitantisi fra ì punti in moto non possono sostituirsi ad ogni momento, con forze parimente centrali esercitantisi fra le posizioni medie; in questo senso si spiegano le ipotesi 3′) e 3′′) come semplificazioni schematiche della rappresentazione.
Risulta dalla discussione precedente in qual modo l’ipotesi di un meccanismo newtoniano permetta di spiegare l’elasticità dei solidi, nello stesso senso che il principio dei lavori virtuali.
E ciò che abbiam detto pei solidi potrebbe ripetersi pei liquidi.
Tuttavia a questa teoria cinetica della materia si rimprovera di essere in generale poco feconda di conseguenze positive, benchè la rappresentazione che essa fornisce si riattacchi allo sviluppo della teoria meccanica del calore.
Verremo fra un momento a questo tema. Vogliamo ora esaminare una obiezione alla teoria generale dell’elasticità, che viene suscitata dall’esperienza.
§ 12. Alterazioni permanenti.
L’ipotesi fondamentale che permette di calcolare il lavoro delle forze interne di un solido elastico per una deformazione infinitesima, consiste nell’ammettere che esso dipenda per ogni elemento dalla deformazione locale attuale, e non da quella del rimanente solido, nè dalla serie delle configurazioni precedenti per cui il solido stesso può esser passato.
Una ovvia conseguenza di queste ipotesi è che cessando la forza defor-