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250 capitolo v

ed invero il ragionamento fa tacito uso dell’ipotesi che «senza alterare l’equilibrio, un peso applicato ad un braccio della leva possa essere diviso in due parti uguali che vengano allontanate simmetricamente dal punto di applicazione», ossia che «forze uguali e parallele, applicate perpendicolarmente ad un asta rigida possano venir sostituite da una resultante applicata al centro dell’asta, la quale sia parallela alle componenti ed uguale alla loro somma».

Resta nondimeno da apprezzare se l’ipotesi implicitamente postulata da Archimede, per l’evidenza intuitiva o per le condizioni in cui può essere verificata dall’esperimento, non rappresenti qualcosa di più credibile del teorema che «l’equilibrio della leva corrisponde all’uguaglianza dei momenti statici». Ora sotto questo rapporto non possiamo condividere il giudizio dispregiativo del Mach; ci pare indubbio che la dimostrazione di Archimede sia veramente istruttiva.

Il suo valore, riguardato secondo il nostro punto di vista, diventa tanto maggiore se si tien conto degli sviluppi relativi alla composizione delle forze parallele agenti sui punti d’un sistema rigido, sviluppi che procedono in un senso analogo a quelli del § 16.

Una trattazione di Foncenex, corretta poi da D’Alembert e Laplace, permette infatti di dedurre una legge di composizione delle forze parallele dirette nello stesso verso, la quale riesce determinata a meno di una costante k, dalle ipotesi seguenti:

1) esistenza di una resultante unica;
2) proprietà associativa della composizione delle forze;
3) principii di simmetria.

La legge ordinaria, cioè «la resultante di due forze parallele ugualmente dirette è uguale alla somma delle componenti», è compresa nella precedente più generale, e corrisponde a fare in questa k = ∞.

Ora Genocchi ha mostrato che, in relazione al postulato di Euclide sulle parallele, si deduce appunto k = ∞; ed i postulati statici ch’egli adopera nel suo ragionamento sono i seguenti:

4) il trasporto d’una forza lungo la linea d’azione;
5) il principio della composizione delle forze concorrenti, che invero viene qui interpretato in un senso più generale, dappoichè si tratta di sostituire colla resultante (agli effetti dell’equilibrio) non più delle forze agenti su un punto materiale libero, ma forze agenti su un punto materiale che fa parte di un sistema rigido1.
  1. Per i rapporti della questione col postulato d’Euclide, cfr. R. Bonola: «La Geometria non-euclidea», Bologna, Zanichelli, 1906.
    Si troverà anche qui un resoconto del modo di trattazione del problema che è dovuto a Lagrange. Nonostante l’interesse e la semplicità di questo metodo, gli preferiamo tuttavia