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nuove osservazioni ed esperienze, modificanti le ipotesi adottate, potranno progressivamente correggere.

Ora, in ogni momento dello sviluppo scientifico, il rigore chiede che codesti errori sieno possibilmente apprezzati fissando ad essi un qualche limite, ma soprattutto che essi non vengano nascosti, che la coerenza formale della teoria non faccia illusione sul carattere approssimato delle conoscenze contenutevi.

È mai possibile che un progresso logico nella critica delle definizioni e dei postulati valga a rimuovere o a diminuire siffatti errori?

La domanda stessa deve apparire assurda a chi abbia compreso il significato della astrazione compiuta. Essa ci ha permesso di spezzare il problema in due parti: l’una ipoteticamente semplice, l’altra illimitatamente complicata, ma i cui elementi esercitano sulla previsione effettiva una più piccola influenza. Resta pertanto al teorico piena libertà di rimaneggiare le premesse ipotetiche ai suoi scopi di trattazione matematica, ma deve essere lungi da lui la pretesa di conferire con ciò alla teoria un senso fisico più rigoroso.

Egli può tuttavia ridurre il numero dei postulati enuncianti codeste premesse; e la cosa è molto facile. Quei postulati si presentano infatti sotto la forma generale di equazioni fra quantità, che s’immaginano definite mediante certi processi di misura; basterà dunque assumere un’equazione di tal genere come definizione di una delle quantità suddette in luogo della misura corrispondente. Così al posto di una serie di esperienze, necessariamente inesatte, si pone un atto libero di convenzione che ha un senso logico preciso. Ecco dunque eliminato dalla teoria un elemento di errore perchè è eliminato il fatto a cui l’errore stesso si riferiva.

Un simile procedimento ammette, in qualche caso, giustificazioni, in vista di scopi particolari. Quando, p. es., si tratti di riconoscere i cambiamenti da introdurre in un sistema d’ipotesi prese in una certa gerarchia, dove una data forma, che si ritiene capace di ricevere un contenuto più preciso, viene assunta come premessa fondamentale; si ha allora un procedimento di discriminazione dei fatti supposti per cui si costruisce una teoria tanto meno espressiva quanto più plastica.

Ma, pur restringendone il senso, una teoria perfetta non potrà mai essere raggiunta!

Si provi infatti a trasformare tutti i postulati in semplici definizioni. Ecco eliminato ogni errore ma anche ogni conoscenza effettiva; il rigore assoluto della dottrina, così concepito come forma pura, si riduce ad un non senso!

Da una siffatta trasformazione non è a credere neppure che il matematico teorico possa ricavare qualche vantaggio.

Per lui c’erano soltanto delle equazioni da trattare analiticamente, secondo le regole precise dell’Analisi. Soltanto egli sapeva che codeste equa-