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208 capitolo v

esplicitamente, vi aderisce il Mach, ove confronta la misura del tempo a quella della temperatura.

A dirimere l’arbitrarietà della sostituzione


τ = f (t),


che figura nella misura del tempo, s’invoca una scelta convenzionale della scala di riferimento, misurando gl’intervalli di tempo come proporzionali agli spazii percorsi da un mobile su cui non agiscano forze. Si prende così il principio d’inerzia non più come esprimente un rapporto tra forza, moto e tempo, ma come una definizione del tempo. La quale, si badi bene, non può ridursi in ogni modo ad una pura convenzione perchè implica un fatto supposto «se due mobili, non soggetti a forze, compiono contemporaneamente due spazii a, b, essi compieranno del pari contemporaneamente spazii proporzionali ad a e b».

Questa è ad ogni modo una veduta troppo ristretta dei fatti che trovansi impliciti nell’ordinaria misura del tempo. E basti notare che codesta misura è anteriore alla scoperta del principio di inerzia!

Il senso comune accorda una misura naturale del tempo cui attribuisce in confuso un valore fisico proprio.

Quale significato può darsi a codesta opinione, quando sia eliminata dalla domanda ogni concetto trascendentale di un tempo indipendente dai fenomeni?

Paragoniamo la nozione della misura del tempo a quella delle temperature e a quella delle lunghezze.

Il tempo, come la temperatura, come l’arco di una linea o (in particolare) il segmento di una retta, può essere rappresentato da una variabile numerica t crescente in un dato verso.

Ogni funzione crescente f (t), presa in luogo di t, conduce egualmente nei tre casi a rappresentare la successione ordinata dei tempi, delle temperature o delle lunghezze lineari; e si possono costruire un orologio, un termometro, e un metro convenzionali, rispondenti ad una scelta arbitraria della funzione f (t).

Per l’orologio basta riferirsi ad un istrumento fondato sul movimento opportunamente vario di un lapis sopra un quadrante, il quale indichi durate uguali in rispondenza ad intervalli di tempio per cui la funzione f (t) riceve accrescimenti uguali. Per il termometro basta che le dilatazioni della sostanza termometrica sieno apprezzate sopra una scala in cui si segnino come accrescimenti di temperatura uguali quelli corrispondenti ad uguali accrescimenti di f (t); questi accrescimenti di temperatura convenzionalmente uguali saranno d’altronde in diverso rapporto cogli aumenti di volume della sostanza termo-