Pagina:Enriques - Problemi della scienza, 1906.djvu/200

182 capitolo iv


Fra i molteplici fatti stabiliti da Helmholtz (Physiologische Optik) e dalla sua scuola, citiamo in ispecie l’errore che in più casi si riscontra nella comparazione delle distanze. L’esperienza ha dimostrato che codesto giudizio comparativo (la cui possibilità pratica è limitata ad un campo assai ristretto) non presenta caratteri di uniformità e di esattezza, se non quando le distanze paragonate si trovino ugualmente lontane, ed inoltre l’estimazione riesce molto più imperfetta se esse hanno direzione differente. Si aggiunga l’errore nella valutazione del parallelismo di due rette, più sensibile di quello inerente al riconoscimento della convergenza ecc.

Helmholtz appunto ha spiegato questi fatti, ritenendo che il giudizio comparativo delle distanze non sia un dato immediato della visione, ma un acquisto dovuto all’abitudine di associare i dati di questa a quelli delle sensazioni tattili muscolari.


Da tutto ciò che precede siamo autorizzati ad accettare questa distinzione come fondata. Riconosciamo dunque come dato immediato della vista, il complesso di quelle proprietà geometriche dell’oggetto che si traducono in proprietà delle proiezioni, indipendenti dalla posizione particolare di quello, e dalla sua lontananza dagli occhi. Le lunghezze o distanze non figurano fra queste, e devono ritenersi come un acquisto empirico, conseguito mediatamente, per l’associazione colle sensazioni tattili-muscolari, nonchè colle stesse sensazioni visive che nascono da un cambiamento di posizione dell’osservatore.

Ma tali conclusioni non possono essere giustamente interpretate da chi non abbia acquistato certe nozioni fondamentali della Geometria moderna! E appunto a questa ignoranza si devono le deduzioni bizzarre, intorno a cui taluni filosofi si affaticano ancora.

In mancanza di un giudizio comparativo delle distanze fra punti e quindi della grandezza degli oggetti, si può credere che ogni nozione geometrica diventi estranea ai dati immediati della vista.

Questo errore può essere corretto soltanto da uno studio della Geometria proiettiva, quale essa si è sviluppata nel secolo scorso, da Poncelet a Möbius, a Steiner, fino a conseguire il suo assetto definitivo ed autonomo nella trattazione di Staudt1.

Solo per questa via si acquisterà la nozione di una scienza che studia i rapporti qualitativi inerenti ai concetti elementari della linea retta e della superficie piana, i quali sono pienamente indipendenti dai rapporti quantitativi (o metrici) supposti dall’idea di distanza, benchè si esprimano ordinariamente per mezzo di questi.

  1. Cfr. l’appendice storica nelle «Lezioni di Geometria proiettiva» di F. Enriques. Bologna. Zanichelli, 1898, 2ª ed. 1904.