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144 | capitolo iii |
Appare tosto emergere dalle cose dette una conclusione paradossale, che può essere designata col nome di circolo vizioso della Scienza.
La verifica delle ipotesi esplicite esige un’interpretazione delle esperienze, subordinata alle ipotesi implicite; alla lor volta queste vengono verificate in gran parte sulla base di altre teorie ed ipotesi esplicite, e corrette, ove occorra, con un più largo confronto delle conoscenze acquisite. Il progresso della Scienza si appoggia dunque sulla Scienza stessa, è un’estensione non una creazione.
Appunto per sfuggire a questo circolo vizioso Kant è stato condotto alla sua dottrina dell’a priori. E per la medesima ragione questa dottrina rinasce trasformata nella filosofia francese contemporanea, che riguarda i principii, canoni interpretativi dell’esperienza, quasi pure convenzioni.
Gli scienziati farebbero dunque come i legislatori che conferiscono all’oro l’ufficio di merce liberatrice dei pagamenti, e l’assumono quindi ad unità di misura dei valori; anzi, se si vuol mantenere il paragone, la Scienza sarebbe uno stato a regime plurimetallico, giacchè non si tratta di un principio solo!
Ma l’assunzione dell’oro come moneta è basata sul fatto che questo ha già un valore di scambio, che si commisura a quello delle merci; e quanto ai regimi bimetallici, il rapporto legale ha per effetto di sostituire la peggior moneta alla buona.
Anche per i principii scientifici s’impone dunque l’obbligo di considerarli come espressioni di esperienze fatte, e di misurarli e rivederli di continuo in rapporto alle successive esperienze; ed è questo un punto che non è sfuggito al Poincarè. Onde se si vogliano riguardare le cose piuttosto in un aspetto reale che formale, sembra giusto (e ciò già accennammo) di disegnare codesti principii come supposizioni determinantisi progressivamente, anzichè come convenzioni.
Ad ogni modo la difficoltà resta intera per chi non sia disposto a riconoscere in alcun principio qualcosa che preceda ad ogni esperienza. Non si sfugge alla conclusione che il ragionamento sperimentale estende la Scienza, ma non la crea.
Questa conclusione dobbiamo accettare come un fatto positivo, e vogliamo mostrare che questo, rettamente interpretato al lume della critica, non involge quel circolo vizioso, che ci siamo piaciuti di mettere innanzi come un paradosso.
Infatti ad ogni momento della costruzione scientifica precede sempre un certo insieme di conoscenze, più o meno probabili e precise, che riteniamo acquisite. E similmente in ogni investigazione sperimentale, in ogni formazione di concetti nuovi, possiamo appoggiarci sopra concetti già formati.
Così l’approssimativa invarianza dei corpi è una conoscenza che pre-