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i problemi della logica | 91 |
Jevons (cap. II § 21). L’ufficio del ragionamento deduttivo in codesto processo è di «trasformare l’ipotesi inaccessibile all’esperienza, in altre equivalenti, che possano essere sperimentalmente verificate o negate».
E emerge da ciò, più lucidamente, quale importanza spetti ad un istrumento rigoroso, il cui valore possa essere controllato indipendentemente dalle esperienze verificatrici, e dalla verità o falsità delle ipotesi, quindi anche dal loro contenuto di fatto, cioè dal significato reale del ragionamento.
Nel seguito, fisseremo di ritenere il nome di «Logica», nel senso formale, che corrisponde a codesto istrumento rigoroso di trasformazione; ed avremo poi occasione di riconoscere gl’inconvenienti che derivano dall’estendere la parola a designare lo studio dell’induzione scientifica, nel suo più largo significato. Ad evitare confusioni, contrapporremo tale studio alla Logica pura, designandolo come applicazione della Logica. E, trattando di questa, investigheremo il valore reale delle leggi formali del ragionamento e condizioni sotto cui esse divengono criterio di prova in relazione ai fatti.
§ 2. Schemi verbali e segni.
Ma veramente noi abbiamo riconosciuto soltanto l’utilità di una Logica formale che detti le leggi del ragionamento, indipendentemente dal suo contenuto. Resta a vedere se ed in qual senso codesta indipendenza possa effettivamente raggiungersi, in modo rigoroso. E l’esame è tanto più necessario, in quanto che tale possibilità viene contestata anche da taluni fra i più illustri seguaci della filosofia critica.
Volendo dimostrare la possibilità di una Logica puramente formale si possono tenere due vie.
La via che può considerarsi come classica, consiste nello stabilire gli schemi verbali, corrispondenti alle forme ideali del pensiero esatto.
Se si riesce a dare a questi schemi una rigorosa ed astratta generalità l’assunto resta dimostrato. Ma, nel caso d’insuccesso, non è lecito di trarne la conclusione opposta, giacchè il difetto dello schema può essere cagionato da un insufficiente adattamento del linguaggio, che non risponde sempre adeguatamente ai processi del pensiero esatto.
Si considerino ad es. le regole aristoteliche della conversione delle proposizioni; alle quali si riferiscono talune acute osservazioni del nostro Tocco.
La proposizione universale affermativa si converte per accidens (secondo la locuzione di Boezio) nella particolare affermazione; così, p. es., dalla proposizione «tutti i quadrati sono parallelogrammi» si deduce l’altra «alcuni parallelogrammi sono quadrati». Orbene si presenta come una lacuna di questa regola il caso in cui il predicato sia essenziale al soggetto. Ad es. la proposizione «tutti i triangoli sono poligoni in cui la somma degli angoli vale due retti» si convertirebbe nell’altra «alcuni poligoni in cui la somma degli