Pagina:Eneide (Caro).djvu/99

58 l’eneide. [170-194]

170Lasso! senza profitto a fastidirvi
Con noiose novelle? A voi sol basta
Di saver ch’io son greco, già che i Greci
Tutti egualmente per nimici avete.
Or datemi, signor, supplizio e morte
175Qual a voi piace, chè piacere e gioia
N’aranno i regi ancor d’Itaca e d’Argo.
E qui si tacque. Allor brama ne venne,
Non che disio, di più sapere avanti;
Non ben sapendo ancor, miseri noi!
180Quanta scelleratezza e quanta astuzia
Fosse ne’ Greci. Egli, a seguir costretto,
Mostrossi in prima paventoso, e poscia
Di nuovo assicurossi, e finse, e disse:
     Hanno molte fïate i Greci afflitti
185Già da la guerra, e dal disagio astretti,
Disiato o tentato anco più volte
Di qui ritrarsi, e lasciar Troia in pace.
Così fatto l’avessero! Ma sempre
Or il verno, or i venti, or le procelle
190Gli han distornati. E pur dianzi che l’opra
Del caval che vedete era fornita;
Di nuovo in sul partire, e ’n sul far vela,
Di tempeste, di turbini e di nembi
Risonò ’l cielo, e conturbossi il mare.


[101-113]