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[1183-1207] libro i. 49

Di fiori ornollo, e di vin vecchio empiendolo
Orò così dicendo: Eterno Giove,
1185Che, Albergator nomato, hai degli alberghi
E de le cortesie cura e diletto,
Priegoti ch’a’ Fenici ed a’ Troiani
Fausto sia questo giorno, e memorando
Sempre a’ posteri loro. E te, Lièo,
1190Largitor di letizia, e te, celeste
E buona Giuno, a questa prece invoco.
Voi co’ vostri favori, e Tiri e Peni,
Prestate a’ prieghi miei devoto assenso.
     Ciò detto, riversollo, e lievemente
1195Del sacrato liquor la mensa asperse,
Poscia ella in prima con le prime labbia
Tanto sol ne sorbì quanto n’attinse.
Indi con dolce oltraggio e con rampogne
A Bizia il diè, che valorosamente
1200A piena bocca infino a l’aureo fondo
Vi si tuffò col volto, e vi s’immerse.
Ciò seguîr gli altri eroi. Comparve intanto
Co’ capei lunghi e con la cetra d’oro
Il biondo Iopa: e, qual Febo novello,
1205Cantò del ciel le meraviglie e i moti
Che dal gran vecchio Atlante Alcide apprese.
Cantò le vie che drittamente torte

Caro. — 4. [730-742]