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48 l’eneide. [1158-1182]

Del non suo genitor pendè dal collo
E finse di figliuol verace affetto,
1160Si volse alla regina. Ella con gli occhi,
Col pensier tutto lo contempla e mira:
Lo palpa, e ’l bacia, e ’n grembo lo si reca.
Misera! che non sa quanto gran dio
S’annidi in seno. Ei de la madre intanto
1165Rimembrando il precetto, a poco a poco
De la mente Sichèo comincia a trarle,
Con vivo amore e con visibil fiamma
Rompendole del core il duro smalto,
E ’ntroducendo il suo già spento affetto.
     1170Cessati i primi cibi, e da’ ministri
Già le mense rimosse, ecco di nuovo
Comparir nuove tazze e vino e fiori,
Per lietamente incorònarsi e bere.
     Quinci un rumoreggiare, un riso, un giubilo
1175Che d’allegrezza empían le sale e gli atrii,
E i torchi e le lumiere che pendevano
Dai palchi d’oro, poichè notte fecesi,
Vinceano il giorno e ’l sol, non che le tenebre.
Qui fattosi Didone un vaso porgere
1180D’oro grave e di gemme, ov’era solito
Ne’ conviti e ne’ dì solenni e celebri
Ber Belo, e gli altri che da Belo uscirono,


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